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  Periodo della Restaurazione maggio 1814 - settembre 1860
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registri 3, volumi 31, fascicoli 73, filze 9, buste 113, faldone 1, mazzi 10
sei in: Archivio storico del Comune di San Leo 10 marzo 1509 - 1945

Quanto prodotto in materia di amministrazione dal Comune di San Leo nel periodo che segue la caduta del Regno Napoleonico (maggio 1814) sino all'Unità d'Italia.
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Oltre alle deliberazioni consigliari, al carteggio ed alla documentazione finanziaria, alcune particolarità amministrative che hanno prodotto documentazione archiviata a parte, fuori del carteggio.

criteri di ordinamento
Il primo intervento ha interessato il carteggio amministrativo, che è stato riproposto così come originariamente prodotto ed archiviato e cioè per numero di protocollo. Si è poi tentata la ricostruzione della organizzazione del 1859 della documentazione particolare guidati dalle diciture sui dorsi dei faldoni ed ugualmente per la documentazione finanziario contabile.

informazioni sul contesto di produzione
Con il ripristino effettivo del Governo Pontificio, il 13 maggio 1814 venne insediato un governo provvisorio, che contemplava il solo organo esecutivo, formato di un gonfaloniere e due priori, detto Magistratura. Quest'ultima, in pendenza della nomina del consiglio comunale, attribuì funzioni deliberative ad una congregazione provvisoria, composta di cinque individui, tra cui il gonfaloniere, più un deputato ecclesiastico. Alla prima riunione dell'organo deliberativo, avvenuta il 5 giugno 1814, lo stesso risultava composto, oltre che di 1 deputato ecclesiastico, di 14 elementi che, nel periodo immediatamente successivo, portati a termine i rimpiazzi dei posti vacanti per morti o inabilità, raggiunsero l'antico numero di 36.
A seguito del motu proprio di Pio VII del 6 luglio 1816, il consiglio comunale di San Leo, in quanto sede di governo di 2°ordine per avere una popolazione superiore ai mille abitanti, era composto di 24 membri. La prima nomina avvenne ad opera della Segreteria di Stato, attraverso il delegato apostolico di Urbino e Pesaro che la trasmise con sua lettera 22 settembre 1816.
I nominati consiglieri furono convocati in assemblea il 29 settembre, per l'insediamento e per procedere alla scelta della terna dei nomi da proporre per la carica di gonfaloniere, della terna per la carica di anziano (in numero di 2) e dei sindaci dei tre appodiati di Majolo, Soanne e Massamanente.
Benché di fatto soppressi gli uffici di podestà di San Leo e di commissario della Provincia del Montefeltro, queste prime sedute consiliari si svolsero alla presenza del podestà, sino a quella del 3 novembre 1816, a presiedere la quale fu chiamato il vice governatore, in mancanza del nominato governatore non ancora giunto.
In seguito, per ricoprire i posti resisi vacanti, era il consiglio che disegnava i soggetti, col mezzo delle schedule e non a votazione segreta, salvo ottenerne ratifica dal delegato (art. 154).
La carica di consigliere, che non era prerogativa di alcun ceto, non poteva essere ereditaria e non potevano essere consiglieri contemporaneamente padre e figlio, fratelli, suocero e genero, nonno e nipote da figlio, salvo dispensa papale.
Per essere eletti, bisognava essere residenti per la maggior parte dell'anno nel territorio del comune, appodiati compresi, esservi nativi o residenti da almeno 10 anni, aver compiuto i 24 anni, essere di onesti natali, buoni costumi e condotta irreprensibile e, come classe sociale, far parte dei possidenti o essere uomini di lettere o commercianti o, nel caso di esercizio di professioni esserne a capo e comunque non praticare arti vili e sordide. Per ciò che concerne i contadini, erano esclusi soltanto i braccianti ed i giornalieri.
Norme in diversi punti contrarie furono introdotte con il motu proprio 5 ottobre 1824 che riservò la carica di consigliere, per la metà del numero previsto, alla nobiltà locale o comunque alle famiglie più distinte, destinando l'altra metà ai cosiddetti cittadini. La carica divenne ereditaria, pertanto i consiglieri defunti o comunque impediti venivano sostituiti da un membro della loro famiglia, solo con l'estinzione di quest'ultima, il consiglio doveva procedere alla nomina del nuovo consigliere che doveva essere poi approvato dal delegato.
A seguito del motu proprio 21 dicembre 1827, in vigore dal 1° gennaio 1828, il consiglio comunale di San Leo era composto di 16 membri essendo il numero della popolazione compreso fra le 1000 e le 1500 unità, a cui si aggiungevano 3 consiglieri per ciascuno dei 5 appodiati. 
Veniva riproposta la riserva della metà alla nobiltà locale, ma la carica non era più ereditaria. Pertanto per ricoprire il posto di consigliere resosi vacante, la procedura prevedeva che il consiglio stesso scegliesse una terna di nomi fra quelli proposti dal capo della Magistratura presi dallo stesso ceto del consigliere mancato, che tale terna fosse approvata dalla Sacra Consulta, prima che l'assemblea deliberativa vi scegliesse, a maggioranza di voti, il nuovo consigliere.
La prima installazione avvenne il 5 febbraio 1828, con i consiglieri nominati dal cardinale segretario di Stato in virtù dell'articolo 171 del citato motu proprio e la presidenza dell'assemblea fu del delegato del governatore di Pennabilli, anche se la nuova organizzazione amministrativa prevedeva per San Leo un suo governatore, che risulta però insediato solo nel dicembre 1828.
Nella stessa prima seduta del nuovo consiglio, oltre a venir formate le terne per la nomina dei componenti l'esecutivo e dei sindaci degli appodiati, venne formato il bussolo dei consiglieri da cui estrarre gli arrengatori per la seduta successiva secondo l'art. 7 del regolamento annesso al motu proprio in vigore.
A seguito dei moti rivoluzionari del 1831, fra il 9 febbraio ed il 28 marzo di quell'anno, San Leo fu guidata da un Comitato Provvisorio di Governo, di cui, per mancanza di documentazione diretta, non è dato sapere il numero dei componenti e le attribuzioni.
Con l'editto della Segreteria di Stato del 5 luglio 1831, dopo la rivoluzione del 1831, si tornò in più punti alle norme del primo motu proprio del 6 luglio 1816. Il consiglio comunale tornò ad essere formato di 24 membri, che rimanevano in carica sei anni, rinnovandosene un terzo ogni biennio. Le elezioni dei consiglieri erano fatte dallo stesso consiglio, sanzionate dall'approvazione del delegato. La riserva di ceto venne limitata ad un terzo e non potevano sedere in consiglio contemporaneamente padre e figlio, fratelli e nonno e nipote. A San Leo, il primo consiglio generale, convocato a termine del citato editto, si ebbe il 13 dicembre 1832, presieduto dal governatore e con l'assistenza del deputato ecclesiastico. Vi intervennero, oltre al vecchio esecutivo - il gonfaloniere ed uno dei due anziani - i consiglieri nominati dall'autorità superiore, i cui nominativi erano stati inoltrati dal governatore, con suo dispaccio 3 dicembre 1832 n. 325.
In quella prima assemblea, secondo l'art. 16 dell'editto 5 luglio 1831, furono formate le terne per la nomina dell'esecutivo: quella per la nomina del gonfaloniere, quella per la nomina degli altri 4 anziani e quelle per la nomina dei sindaci degli appodiati. Nella stessa prima seduta, fu fatta, a norma dell'art. 23, la nomina dei sindacatori dei conti.
Costoro, da nominarsi dal novero dei consiglieri, erano già previsti dal motu proprio 6 luglio 1816 (art. 174), da quello 5 ottobre 1824 (art. 176) e da quello del 21 dicembre 1827 (art. 201).
Nel periodo della Repubblica Romana, in base al decreto 31 gennaio 1849 sull'ordinamento dei municipi, i consiglieri di San Leo erano 13, compresivi i tre membri della Magistratura, scelti dal collegio elettorale tenutosi il 13 ed il 19 marzo ed approvati dal preside della Provincia. La prima seduta si tenne il 19 marzo presieduta dal cittadino anziano, valida per esservi intervenuti i 2/3 degli aventi diritto a norma dell'art. 80 del citato decreto 31 gennaio. In quell'occasione, secondo l'art. 53, i consiglieri procedettero alla nomina dell'esecutivo: un gonfaloniere e due anziani.
La carica di consigliere era di quattro anni e l'insieme dell'organo deliberativo era rinnovato della metà ogni due anni; i consiglieri erano rieleggibili.
La composizione e gli stessi membri eletti in quel breve periodo storico furono rimossi in forza dell'editto 27 giugno 1849 emanato dal Commissario Pontificio Straordinario e ripristinate le magistrature volute dall'editto della Segreteria di Stato 5 luglio 1831.
A seguito della legge comunale, pubblicata con editto 24 novembre 1850, San Leo, per essere comune di 4.a classe, aveva il consiglio formato di 16 divisi in 3 classi, la cui prima nomina fu fatta dal papa (art. 101) e comunicata dal cardinal legato e che tennero la prima seduta il 28 giugno 1851, alla presenza del deputato ecclesiastico, per formare e presentare le terne per i componenti la Magistratura e quelle per il sindaco e gli aggiunti di ogni comunità appodiata (art.97). A seguire, i consiglieri dovevano essere eletti da un collegio di elettori appositamente istituito nel comune.
Per ciò che concerne l'organo esecutivo, per l'arco cronologico che va dall'agosto 1816 sino all'introduzione della riforma dell'amministrazione pubblica voluta dal motu proprio 5 ottobre 1824, periodo in cui San Leo fu dapprima sede di governatore con appodiate le comunità di Majolo, Soanne e Massamanente (dall'agosto 1816 al dicembre 1817)e poi sede di vice governatore con appodiate le comunità di Montefotogno, Montemaggio, Pietracuta, Secchiano, Tausano ed Uffogliano (dal 1° gennaio 1818), essendo in vigore la normativa espressa dal motu proprio 6 luglio 1816, l'organo esecutivo, espresso all'interno del consiglio e detto Magistratura, era composto di tre individui: il gonfaloniere e due anziani. Dal gonfaloniere dipendevano poi i sindaci a capo delle comunità appodiate.
I membri della magistratura ed i sindaci erano indicati dal consiglio comunale che, per ognuno di questi incarichi, inviava un elenco di tre nomi, la terna appunto, da cui il delegato apostolico avrebbe scelto, mentre la scelta del gonfaloniere era del Segretario di Stato.
Il gonfaloniere durava in carica due anni, gli anziani invece quattro, rinnovandone però la metà ogni due anni. Tutti i componenti l'esecutivo non potevano essere nuovamente nominati se non trascorsi due anni dal loro precedente incarico, mentre i sindaci delle comunità appodiate erano immediatamente rinnovabili.
Al gonfaloniere, che doveva essere scelto fra i componenti più in vista delle famiglie di più antico lignaggio, spettava la rappresentanza, anche legale, della comunità; esercitava l'amministrazione ordinaria avvalendosi del consiglio degli anziani, riceveva gli ordini per mezzo del governatore locale che gli era tramite con l'autorità superiore. Era in sua facoltà ordinare spese improvvise ed inderogabili, salvo renderne conto al consiglio nella seduta immediatamente successiva. Del gonfaloniere era anche la compilazione del bilancio preventivo, la Tabella, che effettuava sentito il parere degli anziani e che poi presentava all'approvazione del consiglio prima del 15 agosto di ogni anno. Firmava, insieme al resto dell'esecutivo: i due anziani, i mandati di pagamento.
Col motu proprio 5 ottobre 1824, San Leo ebbe confermato l'esecutivo in tre individui: un gonfaloniere e due anziani. Gonfaloniere, anziani e sindaci erano eletti dal consiglio comunale con approvazione del delegato; gonfaloniere e sindaci duravano in carica un anno, gli anziani due anni, rinnovandone la metà ogni anno. Tutti i componenti l'esecutivo non potevano essere riconfermati, dovevano passare due anni prima di poter essere rieletti. All'art. 165 era previsto che alla carica di gonfaloniere fossero eletti appartenenti a famiglie patrizie e/o nobili e che gli anziani fossero per la metà della prima classe dei consiglieri e per l'altra metà della seconda.
Come già precedentemente, la magistratura riceveva gli ordini dal governatore locale che gli era tramite nei rapporti con l'autorità superiore (art. 166); poteva disporre delle sole spese improvvise (artt. 169 e 175); compilava unitamente ai deputati ecclesiastici, il bilancio preventivo (art. 170); sua era l'amministrazione ordinaria della comunità (art. 174), di cui rendeva annualmente conto al consiglio entro il mese di febbraio dell'anno seguente (art. 176).
Il capo dell'esecutivo: il gonfaloniere era il rappresentante della comunità (art. 174) e sua era, unitamente ad uno degli anziani, la sottoscrizione dei mandati di pagamento perché gli stessi potessero essere onorati.
Con l'introduzione della normativa prevista dal motu proprio 21 dicembre 1827, San Leo manteneva il termine di gonfaloniere per il capo della Magistratura e di anziani per gli altri due soggetti formanti l'esecutivo, in quanto città.
A norma dell'art. 178, il primo consiglio di San Leo procedette alla formazione della terna del gonfaloniere e di quella degli anziani, da trasmettere al delegato che avrebbe proceduto alla nomina. Lo stesso metodo era previsto per la sostituzione dei membri della Magistratura venuti a scadere. A questo proposito, il gonfaloniere e gli anziani rimanevano in carico tre anni; questi ultimi erano rinnovati della metà ogni triennio. I componenti l'esecutivo non potevano essere rieletti se non trascorso un triennio (art.180); all'esecutivo spettava l'amministrazione ordinaria della comunità (art. 184) ed era interlocutore diretto dell'autorità superiore locale (art. 185).
Il gonfaloniere, capo della Magistratura, era il rappresentante della comunità (art. 184).
L'editto della Segreteria di Stato 5 luglio 1831, all'art. 13 del titolo II, stabiliva in 5 il numero dei componenti l'esecutivo per i comuni di terza classe aventi fra i 1000 ed i 4000 abitanti. Tutti i componenti della Magistratura godevano dell'appellativo di anziano; il capo aveva, come già in precedenza, quello di gonfaloniere. Anche i componenti l'esecutivo, ad eccezione del gonfaloniere, rimanevano in carica sei anni, rinnovandone la metà ogni due anni. Il gonfaloniere durava in carica due anni.
Nel periodo della Repubblica Romana, in base al decreto 31 gennaio 1849 sull'ordinamento dei municipi, la Magistratura era composta di due anziani ed un gonfaloniere, eletti dal consiglio. Il gonfaloniere rimaneva in carica due anni, quattro anni gli anziani, la metà dei quali veniva rinnovata ogni biennio, con possibilità di rielezione. Al titolo VII del citato decreto, artt. 66-76, sono esplicitate le attribuzioni della Magistratura in quanto potere esecutivo del comune. Gli erano propri l'esecuzione dei regolamenti comunali e delle risoluzioni consiliari, oltre che la vigilanza sul buon andamento della cosa pubblica. Era del magistrato la stipula dei contratti, l'esecuzione delle esigenze dei crediti comunali per poi erogarne il ricavato nelle spese deliberate dal consiglio, il sovrintendere alle proprietà comunali ed il sorvegliare i funzionari e gli stipendiati del comune. Aveva inoltre attribuzioni di polizia amministrativa municipale e compiti relativi alla Guardia Civica.
Dopo l'esperienza della Repubblica Romana, si tornò, col ripristino della normativa dell'editto 5 luglio 1831, ai 5 componenti dell'esecutivo: un gonfaloniere e 4 anziani, confermati dalla legge comunale emanata con l'editto 24 novembre 1850. Questi ultimi erano nominati dal delegato, su terne di nomi proposte dal consiglio comunale e rimanevano in carica tre anni. Come già per il passato, era compito della magistratura far eseguire quanto deliberato dai consigli e l'esecuzione dei regolamenti comunali, oltre che redigere bilancio preventivo e rendiconto ed occuparsi della formazione delle liste elettorali, essendo l'editto 24 novembre 1850, la prima legge dello Stato Pontificio che prevedesse una seppur ristretta forma elettiva. Questi compiti erano esplicitati agli artt. 20 e 21, mentre all'art. 22 vi erano i compiti propri del capo della magistratura: il gonfaloniere. Sua era la convocazione e la presidenza dei consigli comunali e delle deputazioni municipali nonché la rappresentanza giuridica del comune e quella amministrativa nell'essere firmatario della corrispondenza con l'autorità superiore. Era inoltre sovrintendente alla polizia urbana e rurale e giudice economico relativamente ai danni dati ed ai crediti di piccole somme.
Per ciò che concerne gli impiegati comunali, il gonfaloniere, già all'atto della sua entrata in carica il 13 maggio 1814, confermò coloro che erano in servizio senza apportare modifiche, dal momento che, benché costoro avessero servito sotto il governo napoleonico, si erano ben comportati sia sotto il profilo morale che politico.
Dalla tabella preventiva per il semestre giugno - dicembre 1814,  risultano come salariati del comune, oltre al podestà, il segretario, il chirurgo condotto, il medico condotto, il maestro di scuola, il montista, l'organista, l'agente in Udienza e quello in Roma, il custode dell'orologio, il postiglione, il donzello, con le competenze che ciascuno di essi aveva avuto in periodo di Antico Regime. Era fatto loro obbligo di richiedere a fine anno la riconferma dell'incarico, che veniva discussa nel consiglio comunale del 31 dicembre.
A lato, vi erano poi una serie di funzioni attribuite per incarico come i viali e gli edili. Col 1816, fu disciplinata anche la figura della guardia campestre, in numero di tre.
Per ciò che concerne i compiti propri del donzello, gli stessi sono precisati nei 10 punti che costituiscono la convenzione fra lo stesso ed il comune, approvati nel luglio 1819 e sostanzialmente confermati nel dicembre 1849. Oltre a doversi preoccupare di diramare gli inviti per le assemblee deliberative ai consiglieri, gli si richiedeva di risiedere stabilmente nel palazzo comunale o comunque esservi presente almeno due volte al giorno a disposizione dell'esecutivo, portare le lettere dirette ai sindaci degli appodiati, pubblicare gli avvisi e le notificazioni.
Aveva poi il compito di tenere puliti, a scadenze prefissate, gli uffici dell'esecutivo e del vice governatore, le logge e le volte del palazzo comunale, la piazza - per la quale in caso di neve doveva preoccuparsi di fare un varco sino al duomo - la fonte di Valsante e la relativa strada.
Il comune gli forniva una sorte di divisa, rappresentata da un soprabito, di cui si deliberò l'acquisto nella seduta consiliare del 13 dicembre 1824, completata da un paio di calzoni del colore della livrea, alla cui spesa, gli appodiati non volevano partecipare, secondo la delibera del 3 ottobre 1846, dal momento che la ritenevano un lusso.
Lo stesso capo di vestiario era fornito al postiglione con la motivazione che fosse riparato dalle intemperie mentre percorreva il lungo tratto di strada che lo portava a Rimini, nodo di smistamento posta. Dalla delibera consigliare del 22 ottobre 1825, ce ne viene la sommaria descrizione: si trattava di un cappotto alla marinara.
Nel marzo del 1856, molto probabilmente a seguito dell'epidemia di colera che l'anno precedente aveva colpito l'intero paese e che aveva richiamato l'attenzione sulle condizioni igieniche, fu deliberata la figura di un ulteriore salariato comunale, lo scopatore, col compito di spazzare la piazza e le vie con un compenso di 4 scudi annui, sottraendo così al donzello l'impegno della pulitura della piazza.
A tenore del motu proprio 6 luglio 1816, ripreso dall'editto della Segreteria di Stato 5 luglio 1831, pertanto sostanzialmente in vigore in tutto il periodo della Restaurazione, gli impiegati e salariati comunali erano nominati o confermati ogni due anni, nel consiglio che si teneva il giorno di S. Lucia, con la maggioranza assoluta dei voti. Secondo il motu proprio 21 dicembre 1827 invece, la nomina e/o conferma avveniva annualmente, sempre nel giorno di S. Lucia (art. 187).

storia archivistica
La documentazione si è presentata stipata in grossi faldoni senza alcun ordine e tipo di condizionamento originario e per niente corrispondente alle indicazioni presenti sul dorso dei faldoni.
Già archiviati senza alcun ordine e classificazione nel momento in cui i documenti del periodo furono prodotti, ebbero un primo ordinamento nel 1859, a seguito del quale furono condizionati in faldoni con dicitura generica del contenuto. Accanto al carteggio amministrativo, originariamente solo protocollato e non classificato, fu raccolta a tema documentazione particolare prodotta fuori del carteggio, costituita di molte minute e senza alcun contrassegno. In volumi, portanti sul dorso lo stesso tipo di etichetta dei faldoni, furono rilegati i bilanci preventivi ed i conti consuntivi.
Questo riordino del 1859 è stato poi sconvolto e la documentazione ampiamente manomessa a seguito dell'intervento portato avanti tra il 1967 ed il 1970 dal sig. F. Mazzaferro archivista della Prefettura di Pesaro.
Ne consegue che la documentazione è risultata al presente intervento tolta dai faldoni in cui era stata condizionata nel 1859, quindi senza alcuna indicazione e frammista. Insieme alla documentazione propriamente comunale era stipata documentazione appartenente ad archivi aggregati ed è stata rintracciata anche documentazione appartenente al precedente periodo del Regno napoleonico.


codice interno: 485 - 001.003