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Archivio storico del Comune di Ravenna 1119 - 1976
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con successivi fino al sec. XXI
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fondo
buste 14029, registri 4701, volumi 346, fascicoli 242, mazzi 211, rubriche 63, cartelle 30

L’Archivio storico del Comune di Ravenna raccoglie la documentazione prodotta dalle magistrature cittadine prima e dall’ente territoriale poi nell’espletamento delle proprie e particolari funzioni, a partire dal 1119 fino al 1976. Anche sulla scorta della precedente bibliografia sul tema, si è deciso di suddividere idealmente la documentazione conservata in due sezioni (definite rispettivamente “antica” e “moderna”) segnate dalla cesura storico-istituzionale rappresentata dal 1797; si segnala inoltre che per alcune serie archivistiche si custodiscono testimonianze che debordano dall’estremo cronologico indicato, sino ad arrivare alle soglie del XXI sec.
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Il presente intervento in particolare (constando prevalentemente nell’individuazione preliminare delle serie archivistiche costituenti l’archivio in oggetto, saggiandone quantità e qualità) si è concentrato sulla parte più recente del complesso documentario, ovvero il periodo compreso fra il 1797 ed il 1976, data che attualmente sancisce la differenziazione fra archivio storico e archivio di deposito del Comune. Per una prima compilazione della cosiddetta "Sezione antica" ci si è avvalsi di L'archivio storico comunale di Ravenna. Guida ai fondi, a cura di Dante Bolognesi (Ravenna, 1996)

criteri di ordinamento

L'intervento ha mosso i suoi passi, partendo dall'individuazione della suddivisione idealtipica dell'archivio storico in 3 sezioni distinte (Antica, Moderna, Aggregati), proposta a fine sec. XX (1996) dalla pubblicazione "Archivio storico comunale di Ravenna. Guida ai fondi" a cura di Dante Bolognesi, per poi svilupparsi nelle seguenti attività:
- ricognizione della totalità della documentazione afferente alla sezione moderna (contestualizzabile dall'occupazione napoleonica alla seconda metà del sec. XX)
- identificazione e descrizione delle serie/sottoserie che compongono la sezione moderna, a integrazione di quanto già riportato nella "Guida ai fondi" del Bolognesi
- descrizione analitica della serie denominata "Buste speciali".
La ricognizione ha portato all'individuazione di 134 serie archivistiche, conservate nei locali della Biblioteca Classense, nell'Archivio di deposito comunale di via dell'Abbondanza di Piangipane, nel deposito comunale di via Vicoli (Ravenna), e nei locali della Residenza municipale.
A questo blocco si aggiuge, sebbene facente parte della sezione "Aggregati" (non contemplata nella ricognizione in oggetto), il "Fondo Teatri", originariamente attribuito alla "sezione moderna".
Mentre la parte più consistente del complesso documentario risultava già strutturata ed organizzata in serie archivistiche generalmente ben individuabili all'interno delle principali sedi di conservazione (Biblioteca Classense, Archivio di deposito di Piangipane) localizzate preliminarmente all'avvio dei lavori, rimanendo dunque sostanzialmente invariata rispetto agli interventi di ordinamento precedenti (si rimanda alla "storia archivistica" per ulteriori informazioni), si evidenzia che una parte residua della documentazione oggetto di intervento presenta ad oggi una sedimentazione piuttosto frammentaria, in quanto dislocata in più sedi: a titolo esemplificativo, si riporta il caso delle serie afferenti all'Ufficio di Ragioneria, oggi conservate sia presso la Biblioteca Classense che presso l'Archivio di deposito comunale di Piangipane.  

Relativamente alla serie oggetto di inventariazione ("Buste speciali"), si segnala che ogni unità archivistica (fascicolo) è stata schedata analiticamente. Per ogni unità sono indicati: titolo (originale, se inserito tra virgolette, o attribuito), estremi cronologici (attribuiti se inseriti tra parentesi quadre), consistenza, indicazioni sul contenuto.
Per quanto concerne, invece, quanto descritto a livello gerarchico superiore, per agevolare la consultazione e rendere l'albero più fruibile al lettore, si è scelto, in determinati casi, di raggruppare più serie afferenti al medesimo "Ufficio" o "Settore" sotto un medesimo "contenitore", tra le quali:
- Ufficio Tecnico
- Polizia municipale
- Guardia Nazionale
- Ufficio Personale



storia archivistica

Le vicende dell'archivio storico del Comune di Ravenna si presentano complesse e spesso frammentarie nelle fonti. Il 1512 appare come data spartiacque nella formazione di un primo complesso documentario organizzato: a seguito del sacco di Ravenna a opera delle truppe francesi, si registra l'avvio di un primo nucleo documentario, costituito dalla serie delle "Parti" (ovvero le deliberazioni consiliari); contestualmente alle operazioni di recupero di altre serie fondamentali (gli statuti della città, le lettere ducali, le provvisioni del Magistrato dei Savi, qualche antico catasto), in data 25 novembre 1512 si decide di affiancare un altro cancelliere a quello già in servizio. A partire da questo momento, l'archivio viene gestito dalla cancelleria comunale.  
Il 30 novembre del 1566 i Savi dispongono che cancelleria e archivio vengano trasferiti in una stanza del palazzo comunale più consona alle loro funzioni: tali disposizioni restano disapplicate fino all'intervento del presidente di Romagna Francesco Sangiorgio de' Conti di Biandrate, il quale, il 28 luglio 1576, ordina che si dedichi un luogo del palazzo comunale alla tenuta di "rogiti e strumenti", dando seguito, il giorno successivo, alla nomina di una commissione con compiti afferenti alla redazione di inventari delle carte pubbliche. Da quanto si evince dalla duplice ordinanza di Sangiorgio, l'archivio "pubblico" del Comune si contestualizza nei primordi della sua costituzione principalmente come archivio di atti notarili, in coabitazione con l'archivio "segreto", ovvero il luogo di conservazione che sulle carte risultava qualificato come "archivio della Comunità" o "archivio della città", di carattere, oggi diremmo, "amministrativo". 
Il 21 febbraio 1582, con l'elezione da parte del Consiglio del primo archivista, ha avvio l'attività dell'archivio dei rogiti. Risale invece al 1606, a seguito di richiesta del cardinale Aldobrandini, il trasferimento dall'archivio comunale a quello arcivescovile delle carte appartenenti al foro ecclesiastico "concernenti le cause civili, come criminali, ecclesiastiche o miste fatte e fabbricate nel foro ecclesiastico".
Il 5 gennaio 1623 si registra l'elezione da parte dei Savi del notaio Antonio Maria Brocchi, cui viene affidato l'incarico di redigere l'inventario della cancelleria. Nel 1628, presumibilmente a seguito dell'incessante reperimento, a partire dall'inizio del XVII secolo, di numerosa documentazione illecitamente posseduta dalla cittadinanza, si decide di dotare l'archivio di una seconda stanza: i lavori, che finiscono nel 1636, interessano quella che resterà poi per lungo tempo la sede del complesso documentario, ubicata al secondo piano del Palazzo Vecchio della Municipalità.
La terribile inondazione che colpi il territorio ravennate il 28 maggio 1636, danneggiò alcuni archivi delle corporazioni posti al pianterreno del Palazzo comunale, ma pare lasciasse incolume l'archivio comunale, posto ai piani superiori. Nonostante ciò, dai decreti rilasciati a seguito dell'ispezione cittadina del 1676 di Monsignor Farsetti, Visitatore e Commissario Apostolico, si evincono criticità anche nella conservazione degli atti di cancelleria, favorita forse anche da comportamenti illeciti (vendita a privati di scritture e manoscritti) degli stessi addetti agli archivi. 
Il 10 aprile 1744, viene a meno la formazione, indetta a partire dal 1547, che vedeva la presenza di due cancellieri-notai all'interno dell'archivio: la sostituzione di uno dei due cancellieri con un segretario, diede vita allo sdoppiamento tra cancelleria e segreteria. Mentre al cancelliere era affidata la parte notarile, al segretario, la cui "operatività" era destinata a crescere nel tempo, spettava, tra le varie competenze, "comporre e registrare tutte le lettere della comunità, tenere in ordine e sbrigare le pratiche delle cause comunali". 
Attorno alla metà del secolo XVIII, si annoverano diversi provvedimenti in materia di riorganizzazione documentaria: tra questi, a partire 1748, con l'elezione del segretario Francesco Antonio Traversari, ha avvio che il completamento dell'indice delle "Parti" (iniziato in precedenza da Baldassarre Belardi). In tale ottica è inquadrabile, l'affidamento nel 1759 all'archivista del "publico" (ovvero l'archivio notarile) della redazione di un "Indice di tutti e singoli libri e scritture d'atti e cause fatte avanti gl'illustrissimi signori Governatori, Giudici compromissari e Commissari ...". 
A partire dal 1774, per mano del Traversari ha avvio un imponente lavoro di riordinamento, che terminerà solo nel 1790, con la realizzazione di un indice per materia di tutte le carte e i volumi di segreteria e cancelleria. 
La venuta delle truppe francesi, a partire dal 1797, segna l'inizio di un periodo molto movimentato: alla partenza di molta documentazione trasferita a Forlì, divenuta nel frattempo nuovo capoluogo del Dipartimento del Rubicone, fa da contrappeso l'arrivo del materiale conservato negli archivi delle corporazioni religiose soppresse. L'adeguamento ordinato dalla legislazione francese, conduce alla sostituzione delle "caselle" e delle "filze" con un nuovo sistema di classificazione della documentazione: a partire dal 1804 fino alla fine del sec. XX, il carteggio amministrativo comunale è organizzato secondo quattro titolari (1804-1843, 1844-1878, 1879-1919, 1920-1982) che si alternano nel corso del tempo. 
Risale al 1820, a seguito della restaurazione del governo pontificio, l’intervento, mai portato a termine, di Luigi Uccellini, incaricato di effettuare un riordinamento generale delle carte d’archivio, che ormai versavano in condizioni di abbandono. 
Nel 1836, il consigliere avv. Antonio Testoni, parlando all’assemblea del Consiglio comunale, ammoniva circa il “riordinamento dell’antico archivio, che con vergogna e danno pubblico rimaneva negletto”: a pochi giorni di distanza, il Magistrato affidava l’incarico di presentare un progetto per la sistemazione dell’archivio comunale, ma ancora una volta l’opera non aveva seguito. 
Nel 1846, il marchese Ignazio Guiccioli, salito alla carica di gonfaloniere, faceva redigere i moduli per il lavoro di inventariazione, fissava i criteri di riordinamento, designando le persone incaricate. Le vicende politiche legate al pontificato di Pio IX interruppero nuovamente lo svolgimento delle operazioni. Nel frattempo cresceva la confusione degli atti, la maggior parte dei quali “giaceva in luoghi e condizioni tristissime”.
Nel 1851, di fronte all’impossibilità di intervenire con efficacia sulle stesse e nel tentativo di contrastarne la dispersione, si procede al riponimento delle carte in casse, “col pensiero di provvedere poi al loro riordinamento”. 
Nel 1858, si registra un nuovo tentativo di intervento archivistico per volontà del neoeletto gonfaloniere Giuseppe Pasolini, ma, anche in questo caso, la breve durata della carica si concretizza nell’ennesima interruzione dei lavori. 
Con l’annessione del territorio ravennate allo Stato piemontese, poi italiano, il professor Francesco Bonaini, soprintendente generale degli archivi toscani, incaricato dal ministro Mamiani di effettuare un’ispezione agli archivi dell’Emilia nel 1860, segnala l’importanza storica dei documenti conservati nell’archivio comunale di Ravenna, deplorandone il disordine e caldeggiando il riordinamento delle carte “malamente ammassate e abbandonate perfino nelle soffitte”; oltre alla dispersione di materiale causato dalla soppressione delle corporazioni per mano napoleonica: il Bonaini segnala l’archivio Demaniale del Dipartimento del Rubicone, con sede a Forlì, come luogo di presunta conservazione di documentazione sottratta in periodo napoleonico all’archivio comunale, avanzando l’idea che Ravenna, “città ricca sopra tutte le altre d’Emilia di documenti antichi”, potesse successivamente dotarsi di un grande archivio diplomatico. 
Sulla scorta di queste indicazioni, dal 1862, inizia il recupero delle carte conservate nel forlivese, che si concretizza con la spedizione a Ravenna, un anno più tardi, di numerose casse (ben 80 quintali di materiale) contenenti in prevalenza documentazione afferente alle corporazioni religiose soppresse. Di una prima sistemazione dell’informe ammasso di materiale archivistico, si occuparono Ruggero Fabbri e Odilone Massacesi. Con l’aiuto di Giacomo Zabberoni, addetto alla Biblioteca, si realizzò una prima classificazione, suddivisa in quattro tipologie (diacetti, protocolli di istrumenti e simili; fascicoli di cause e affari patrimoniali; mastri di amministrazione; materie estranee). 
Nel maggio 1865, il ritrovamento delle ossa di Dante a Ravenna, dà, indirettamente, nuova linfa ai propositi suggeriti dal Bonaini. Una commissione di cittadini, incaricata di rintracciare le memorie delle vicende del sepolcro dantesco nei documenti degli archivi comunali, fu costretta a riferire al Consiglio che, a causa della confusione delle carte, il tentativo si era rivelato infruttuoso, alimentando pertanto il convincimento dell’Amministrazione comunale di dover ricorrere celermente a nuovi interventi archivistici.
Si contestualizza in questo scenario l’intervento di Michele Tarlazzi, archivista della Prefettura, che, a partire dal 1862, procederà, sia pure con criteri spesso discutibili, all’invocato riordinamento dell’archivio comunale. Da quanto si apprende dal Muratori, “l’ordine dato all’archivio non fu quello solo di schierare in una sala superiore a quella della residenza municipale i volumi che lo compongono, ma di compilare un indice alfabetico cronologico delle Parti in tre grossi volumi e un altro indice alfabetico per materia (otto volumi) di tutte le carte d’archivio”. A tali strumenti, completati nel 1868, si deve sommare l’”Inventario della Cancelleria, Segreteria, Sacro numero dei Novanta Pacifici, Contabilità, Atti della Comunità di S. Alberto”. 
Lo stesso Tarlazzi cura il riordino delle carte ritornate a Ravenna da Forlì e di quelle che si riuscirono a recuperare successivamente; nel 1867, entrano a far parte del complesso documentario anche i volumi provenienti dalle soppressioni di quell’anno (che si sommavano a quelle già avvenute nel 1798 e 1810). L’inventario “dei diacetti, libri, e carte delle antiche corporazioni religiose cedute al comune nel 1863”, concluso dal Tarlazzi nel 1873, descrive un fondo composto da oltre 2500 pezzi, tra buste, volumi e fascicoli, distribuito nelle camere superiori della Residenza municipale. All’inventario, il Tarlazzi corredò un indice alfabetico per agevolare le ricerche. 
Relativamente ai documenti ravennati ancora conservati a Forlì, risale al 1872 una nuova richiesta della Giunta comunale di Ravenna, corredata da un’istanza al ministro delle finanze, per la restituzione di quanto ancora disperso, tra cui oltre 2000 pergamene. Il materiale restituito è oggetto di un nuovo intervento del Tarlazzi, che realizza un inventario cronologico-illustrativo che nel 1891 sarà ampliato e rettificato dal prof. Andrea Zoli, bibliotecario della Classense, e Silvio Bernicoli, vice-bibliotecario. 
Risalgono al 1875 ulteriori versamenti in archivio di atti comunali concernenti la festa centenaria di Dante e la raccolta Spreti, importante raccolta di documenti originali, bandi e notificazioni comunali.
Nel 1879, Tarlazzi, con la cooperazione di Primo Gironi, compila un indice cronologico dei volumi di “stralcio”, materiale afferente ai secc. XIV-XVII che negli 1865-1866 era stato separato e spostato in una stanza del piano superiore del palazzo comunale: si trattava di 838 volumi, riguardanti “colte”, “taglioni”, “imposizioni”, redatti dai “campionieri” (agenti del catasto), consegnati prima agli esattori per la riscossione, in seguito al Comune. 
Sempre ad opera del Tarlazzi, si ricorda la redazione dell’indice delle risoluzioni consigliari dal 1801 al 1864. 
Si presume siano inquadrabili nel periodo di fine sec. XIX ulteriori versamenti in archivio comunale, tra cui si registrano gli atti comunali dal 1797 al 1885, gli editti della Legazione dei secc. XVII e XVIII, gli atti del Governo Veneto (ducali), editti e notificazioni dell’epoca francese, giornali locali. 
Merita indubbiamente più di una citazione, l’operato di Silvio Bernicoli, il quale, a partire dal 1877, prima in qualità di “assistente gratuito” poi di “vice-bibliotecario” (1882), di “archivista comunale” (1902), di “conservatore dell’archivio storico comunale” (1913), infine di “conservatore” (1923), mette in atto un lavoro mastodontico di verifiche, analisi e redazione di strumenti di corredo dei fondi archivistici conservati. Di questi ricordiamo la correzione e l’aggiornamento degli indici del Tarlazzi, le aggiunte e annotazioni agli inventari dei volumi delle corporazioni religiose, la redazione dell’indice dei volumi di stralcio, la raccolta e la catalogazione delle carte topografiche, il recupero e l’illustrazione dei vecchi catasti, il riordino e l’inventariazione di importanti fondi (Rasponi, Lovatelli, Gamba), gli spogli dei cinquemila volumi dell’archivio antico, oltre a 12.400 schede di regesti che rimangono uno strumento tuttora indispensabile per l’esplorazione del materiale archivistico che va dall’alto medioevo alla metà del XVI secolo (corporazioni religiose, archivio comunale, archivio notarile di Ravenna).
Tornando ai fatti di inizio sec. XX, l'idea di separare l'archivio storico dall'archivio generale, deriva dalle vicende che videro l’amministrazione comunale impegnata nella scelta di un luogo da destinare all’ubicazione del Museo delle antichità. Il progetto originario, che prevedeva il trasferimento del museo nei chiostri di S. Maria in Porto, su iniziativa di Corrado Ricci, venne implementato con l’istituzione di un “archivio di stato” (ovvero archivio storico), oltre alla formazione di un Museo del Risorgimento, che avrebbero dovuto trovare sistemazione presso gli ambienti di S. Maria in Porto, in precedenza in uso al Comando militare. 
Nel maggio 1908, la Deputazione comunale incaricata di coadiuvare la predisposizione di un nuovo complesso archivistico, delibera la rinuncia all’idea di un “archivio di stato”, proponendo la fondazione di un “archivio storico ravennate”, da collocarsi a S. Maria in Porto. La limitazione, successivamente appurata, del numero degli ambienti tornati nella disponibilità del Comune a seguito di convenzione governativa (maggio 1909), rese manifesta l’impossibilità di contenere convenientemente sia l’archivio che il Museo del Risorgimento nel chiostro portuense, suggerendo la collocazione del nuovo concentramento archivistico nei locali della Biblioteca Classense, a partire dal 1911. 
Con le deliberazioni consiliari del marzo e del maggio 1913, si sancisce l’istituzionalizzazione dell’Archivio storico del Comune di Ravenna, disciplinato da un regolamento comune a quello della Biblioteca e affidato alla sorveglianza di una Deputazione. 
A seguito della morte di Bernicoli (1936), dal 1937 al 1941 l’archivio è curato e gestito dal dott. Fausto Saporetti, vice direttore della Classense e segretario archivista. 
La nascita ufficiale della Sezione di Archivio di Stato a Ravenna nel 1941, inizialmente ospitata nei locali della Biblioteca Classense, rischia di minare l’esistenza dell'archivio comunale: proprio allo stesso anno risale, infatti, una deliberazione del Consiglio comunale con cui si approva la cessione di tutto il complesso documentario allo Stato. Grazie all’interessamento di Saporetti, intervenuto perché il Comune presentasse un esposto al Consiglio di Stato per l’annullamento dell’atto consiliare, nel 1947 saranno riconosciute valide le ragioni del ricorso, sanando definitivamente il casus belli. 
Pochi anni più tardi, si registra il trasferimento della Sezione di Archivio di Stato in via Dante (1956), poi in via Guirotto Guaccimanni (1966) con il progressivo avvio della spartizione documentaria, che vede il versamento in Archivio di Stato dei fondi provenienti dalle corporazioni religiose soppresse, di parte degli antichi archivi giudiziari, di quelli delle legazioni di Romagna e Ravenna. 
Nel 1961, in seguito alla formazione della nuova pianta organica degli uffici e del personale, il Comune di Ravenna provvede alla creazione della “Sezione Archivio storico comunale”, inserendola nella “Divisione Biblioteche comunali – Archivio Storio comunale e Istruzione”, che si completerà nel 1966 con la nomina a direttore del dott. Domenico Berardi. 
A partire dagli anni '70, con l'intensificarsi delle competenze comunali sul territorio e l'avvento di nuovi servizi amministrativi, la sedimentazione documentaria comincia a concentrarsi anche presso sedi diverse dalla Biblioteca Classense, dando luogo a conservazione di carattere "storico" presso uffici e depositi comunali diversi: tra questi, ricordiamo, il deposito di via Mura di Porta di Mura Serrata (oggi non più esistente), il deposito di via Vicoli, il deposito di Piangipane, alcuni locali della Residenza municipale.
Come riportano alcune testimonianze del personale, a seguito di un evento alluvionale che colpì il sottotetto della Residenza municipale a inizio anni '90, parte della documentazione afferente, in prevalenza, alle serie archivistiche prodotte dall'Ufficio di Ragioneria riportò gravi danni, andando, presumibilmente, in gran parte distrutta. 
In tempi più recenti, la sezione storica dell’archivio del Comune di Ravenna è stata oggetto di un intervento archivistico eseguito dagli operatori della Cooperativa sociale Le pagine di Ferrara nel corso del 2015, costituito da operazioni di ricognizione, censimento e redazione di un elenco di consistenza, afferente alla documentazione compresa nel periodo tra il 1866 e il 1975.
Nel corso dell'ultimo decennio è proseguita l'operazione di concentrazione nei locali della Biblioteca Classense della documentazione storica, fino al 1970, precedentemente disseminata in varie sedi

FONTI
Dante Bolognesi, L'archivio storico comunale di Ravenna. Guida ai fondi, Ravenna, 1996



strumenti di ricerca
L'archivio storico comunale di Ravenna. Guida ai fondi, a cura di Dante Bolognesi, Ravenna, 1996; 

Comune di Ravenna, Archivio storico. Elenco di consistenza con indicazioni topografiche, a cura di Valentina Andreotti, Stefano Amaduzzi, Davide Chieregatti (Le pagine), 2016; 

Elenchi di consistenza relativi ai depositi censiti a cura di Valentina Andreotti, Stefano Amaduzzi, Davide Chieregatti (Le pagine), 2016.


codice interno: 1422 - 001

informazioni redazionali
Guida a cura di 
Stefano Amaduzzi, Davide Chieregatti, Nicola Schincaglia (Le Pagine), 2023

realizzata per
Regione Emilia-Romagna
[L.R. 18/2000. Piano bibliotecario 2016. Intervento diretto]

intervento redazionale a cura di
Regione Emilia-Romagna - Settore Patrimonio culturale. Area Biblioteche e Archivi, 2024