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  Sezione antica 1416 - 1797
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registri 71, fascicoli 55, volumi 26, mazzi 2, busta 1, unità documentarie 56
sei in: Archivio storico del Comune di Castel San Pietro Terme 1416-1965

Il nucleo documentario più antico dell'Archivio storico del Comune di Castel S. Pietro comprende documentazione dal 1416 (in originale dal 1492) all'anno 1800, prodotta o acquisita dalla Comunità di Castel S. Pietro, dalle Municipalità insediatesi a partire dal 2 giugno 1797, dalla Regia Cesarea Deputazione Provvisoria di Castel S. Pietro, dalla Deputazione Provvisoria Amministrativa ed infine dal ricostituito Consiglio comunitativo.
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In particolare il passaggio istituzionale dalla Comunità di Castel S. Pietro alla nuova Municipalità è attestato nel reg. 04.04 della serie "Campioni delle Congregazioni del Consiglio", alla c. 209.
Le serie che raccolgono documentazione prodotta dalla Municipalità e dalla Regia Cesarea Deputazione sono quelle dei "Campioni delle Congregazioni del Consiglio" (solo per la Municipalità, reg. 04.05), della "Corrispondenza" (1796-1799, bb. 08.06-08.08) e dei "Copialettere" (1798-1799, regg. 09.01-09.02).

Benché la documentazione prevalente, dal punto di vista quantitativo, sia quella di epoca settecentesca, sono presenti nella Sezione prenapoleonica la serie fondamentale detta "Campioni della Comunità", con estremo cronologico iniziale nel 1547, e i "Campioni degli estimi", con inizio al 1492 (originali).
Spezzoni e frammenti di serie o singoli atti in originale risalenti ai secc. XVI-XVII sono presenti all'interno dei volumi miscellanei "Diversorum", nella raccolta di "Privilegi e decreti" e nei "Mandati e ricevute". Per il resto si tratta prevalentemente di documenti o di serie di formazione settecentesca, nonché di atti in copia semplice o autentica dei secc. XVII-XVIII, con sporadiche presenze di copie di epoca antecedente.
La Sezione prenapoleonica conserva una sola pergamena, databile al 1519 (vedi doc. 01.04 della serie "Privilegi e decreti"). Le tipologie documentarie conservate sono probabilmente da considerare presenti in numero ridotto rispetto alla configurazione originaria del fondo, sia a livello della varietà tipologica sia sotto l'aspetto quantitativo all'interno delle singole serie (vedi ad esempio i "Libri della massaria", con soli due esemplari del sec. XVII e numerose lacune del secolo successivo, o la serie "Mandati e ricevute").
Statuti e capitoli della Comunità sono presenti non come serie organica, ma in modo episodico e in copia o in inserto all'interno di singoli atti della serie "Privilegi e decreti" o nei volumi "Diversorum".
I "Privilegi e decreti" si presentano come serie miscellanea di 26 atti, in originale o in copia, una buona parte dei quali deriva la propria importanza dal fatto di essere relativi ai conflitti con il governo bolognese nati sulle esenzioni ed immunità di Castel S. Pietro rispetto al pagamento di dazi e gabelle, nonché alle liti sull'esenzione dalla prestazione di oneri ed obbedienze alle Società delle Arti di Bologna rivendicata da Castel S. Pietro per i suoi artigiani, come simbolo e fondamento, anche economico, della propria relativa autonomia. L'esiguità quantitativa degli atti della serie è forse dovuta a dispersioni causate da particolari eventi o anche ad una certa incuria verificatasi già in epoca storica nei confronti dell'archivio della Comunità. Nella seconda metà del sec. XVIII infatti, la condizione, evidentemente poco soddisfacente, dei documenti ed il nascente interesse per la conservazione dei "monumenti antichi", indussero il Consiglio della Comunità a commettere al segretario Ercole Ottavio Valerio Cavazza un'attenta opera di restauro, raccolta e trascrizione degli stessi (come si evince dal proemio al vol. 10.01 della serie "Campioni degli estimi", scritto dal medesimo notaio e cancelliere nel 1770, c. 1r).
Gli atti deliberativi o comunque relativi agli aspetti fondamentali dell'amministrazione comunitativa si sono fortunatamente conservati in serie integre, che iniziano dal 1547 con gli atti del Massaro e del Consiglio ("Campioni della Comunità", fino al 1724) e proseguono dal 1724 nei "Campioni delle Congregazioni del Consiglio" fino all'anno 1797.
Bandi, decreti e notificazioni, per la maggior parte a stampa, sono raccolti in una serie che comprende ora 41 documenti dal 1713 al 1797, con docc. del 1813 e del 1859. Agli intenti conservativi sopra ricordati si deve anche la formazione, a partire dal 1764, della serie "Diversorum", parzialmente omogenea ai "Privilegi e decreti", ma comprendente in prevalenza documentazione relativa alle funzioni amministrative della Comunità.
La serie di "Instrumenti e scritture" tipica degli archivi di antico regime è presente, anche se per la maggior parte in copia, così pure la serie dei "Processi". Si è inoltre conservato un nucleo di lettere ricevute dalla Comunità, già conservate in filza, tutte del sec. XVIII ad eccezione di 5 lettere datate tra 1670 e 1682, purtroppo con gravi lacune, iniziando dal 1710 e proseguendo con spezzoni relativi agli anni 1714-1732, 1744-1767, 1785-1799 (si tenga presente che gli estremi cronologici corrispondono ad un'indicazione sommaria, in quanto non privi di ulteriori lacune minori al loro interno).
I "Campioni degli estimi" sono stati conservati, con un originale del 1492 (vedi reg. 10.01) ed altri due rispettivamente del 1531 e del 1545 contenuti in un unico volume (reg. 10.02), continuando poi la serie con estimi settecenteschi.
Non sono presenti nell'Archivio prenapoleonico le serie relative alle tabelle della Comunità e ai bilanci, mentre dei "Libri della Massaria" (registri redatti per l'esazione delle imposte e tasse assegnate a ciascuna Comunità) rimangono tre soli esemplari della seconda metà del sec. XVII e numerosi altri del sec. XVIII (con lacune). Gli atti relativi alla contabilità sono rappresentati sostanzialmente dai volumi di "Mandati e ricevute" (1551-1783, ottenuti riunendo, per quanto riguarda il sec. XVI, documentazione frammentaria) e da resti di serie quali le "Spese ed entrate della Comunità", i "Libri del dare e avere della Comunità", i "Conti degli affittuari e stipendiati della Comunità", i "Libri delle Cavalcate" ed altre, limitati ad un solo pezzo per ciascuna tipologia.
Concludono il quadro delle serie conservate i "Campioni delle strade", copie settecentesche di registri compresi tra il 1665 ed il 1784, in alcuni casi con le relative piante. Un'interessante raccolta di piante e disegni architettonici (in totale 24 fogli) dei secc. XVII-XVIII è compresa nel "Campione delle strade", reg. 23.01. Non si è conservato alcun inventario d'archivio o strumento di corredo coevo alla documentazione, ma solamente indici - compilati forse all'inizio del sec. XIX - ai volumi e ai registri di alcune serie ("Campioni della Comunità", "Campioni delle Congregazioni del Consiglio", "Diversorum", ed altre). Nelle medesime serie sono inoltre presenti indici compilati probabilmente da Alfonso Baccheroni nell'ambito dell'inventario dell'archivio storico comunale da questi realizzato nel 1933-1934 (Mita, p. 6).
Si segnala la presenza, in un registro relativo all'anno 1672 della serie "Libri della Massaria" (reg. 11.02), di una pergamena con scrittura probabilmente della fine sec. XIV - inizio sec. XV, riutilizzata per la copertura dello stesso. Per quanto riguarda il piatto posteriore di copertina, si tratta forse della copia di un istrumento del notaio "Ioh[an]nes Bert[olini] de Bigane de terra Olliveti", "actum in castro Olliveti" nel 1365. L'atto è forse da identificarsi con il verbale di una congregazione del consiglio del Comune di Oliveto per il "sindicatus" del massaro 1.  

Note
Nella scheda redatta da Giuseppe Rabotti nel 1968 per l'Archivio comunale di Castel S. Pietro (Rabotti, pp. 88-95), tra i nuclei documentari relativi al medesimo territorio conservati in altri istituti, si segnalano "Atti miscellanei sul governo di Castel S. Pietro" presso l'Archivio di Stato di Bologna, con estremi 1365-1646. Attraverso controlli effettuati in Archivio di Stato è stato rilevato come in realtà non esista alcuna miscellanea del tipo indicato. Si tratta probabilmente di un equivoco nato sulla base delle indicazioni fornite dall'elenco di atti redatto dal Baccheroni nel 1934 (vedi serie "Privilegi e decreti", doc. 01.26), a sua volta ricavato da un elenco settecentesco di atti "conservati in diversi luoghi, ma tutti presso l'archivio di Bologna" (vedi nella medesima serie il doc. 01.16), in seguito passato all'Archivio di Stato. Gli atti elencati, i cui estremi cronologici sono esattamente quelli indicati da Rabotti, non costituiscono pertanto un'autonoma serie miscellanea, ma sono singolarmente compresi in diverse serie già facenti parte dell'archivio pubblico bolognese.

criteri di ordinamento
Di seguito si riporta parzialmente il contenuto del paragrafo "Criteri di svolgimento del lavoro", curato da Maria Grazia Bollini, tratto dall'Inventario analitico del 1999. Ad esso sono state aggiunte alcune note inerenti il presente intervento.

"L'inventario analitico della Sezione prenapoleonica è stato redatto sulla base dell'inventario sommario risultante dal riordino effettuato nel 1981 da Agostino Attanasio e Liboria Salamone e ne ha rispettato le scelte fondamentali.
Alcune modifiche sono state apportate all'ordine e alla denominazione delle serie, in quanto l'analisi approfondita delle singole unità ha permesso di identificare con precisione alcune tipologie documentarie non segnalate nell'inventario sommario o di evidenziare particolari caratteristiche rispetto a quelle già indicate.
Poiché gli atti erano già stati ordinati si trattava dunque di concentrare l'attenzione sulla descrizione delle unità archivistiche conservate.
Il livello di descrizione prescelto è decisamente analitico [...]
Le singole unità archivistiche di livello minimo sono state quindi identificate da un "Numero di rilevamento", che individuava univocamente l'unità all'interno della Sezione. [...]
Nel presente inventario si è scelto di fornire in ogni caso il titolo dell'unità, indicando, ove possibile, la forma diplomatica del documento o altrimenti il contenuto giuridico, in lingua italiana, aggiungendo le ulteriori indicazioni consigliate da ISAD(G) per garantire un'immediata e sintetica identificazione dell'unità descritta.
Ove fossero presenti intitolazioni settecentesche (apposte sulle camicie dei documenti) particolarmente significativamente per l'identificazione del documento, queste sono state fornite come titolo, tra virgolette, con l'avvertenza che non si tratta ovviamente di un titolo originale in senso proprio, ma di un'indicazione attribuita in età storica.
Nel contenuto sono stati forniti il contenuto giuridico e, in un abstract essenziale, tutti quei dati che possono individuare dettagliatamente l'autore, l'oggetto, ecc.; [...]
La data o gli estremi cronologici indicati nella descrizione di ciascuna unità corrispondono, secondo le norme ISAD(G), alla data della documentazione compresa nell'unità di descrizione. Nel caso delle copie di atti, come data della documentazione è stata indicata la data dell'atto copiato, seguita dalla data di redazione della copia [inserita nel campo "Integrazione alla data"].
Nel caso di volumi la cui costituzione risultasse chiaramente riferibile ad una data precisa, tale data è stata indicata come data di costituzione dell'unità di descrizione [...]"

Alle note curate da Maria Grazia Bollini vanno necessariamente aggiunte alcune brevi considerazioni. La revisione dell'inventario, contestuale all'inventariazione della parte moderna dell'archivio, ha comportato il recupero integrale delle informazioni già disponibili: il "Numero di rilevamento", che nell'inventario del 1999 individuava univocamente l'unità all'interno della Sezione, è stato indicato nel campo "segnatura precedente" accompagnato dalla sigla ("IB") che identifica, appunto, l'inventario curato da Maria Grazia Bollini e Patrizia Tranchina. E' stato inoltre assegnato alle singole unità un numero di ordinamento definitivo.
Nel campo "integrazione alla segnatura precedente" è stato invece inserito il riferimento alla busta in cui l'unità è condizionata.
Nel campo "integrazione al titolo" è stata indicata la fonte da cui è stata tratta la "denominazione dell'unità descritta", se diversa dalla copertina del fascicolo o dalla coperta del registro/volume.
Per quanto riguarda la datazione delle unità, nel caso di copie di atti, come data della documentazione è stata indicata la data dell'atto copiato, mentre la data di redazione della copia è stata inserita nel campo "integrazione alla data"; questo anche nel caso di volumi la cui costituzione risultasse chiaramente riferibile ad una data precisa (data di costituzione dell'unità di descrizione).
La cartulazione non originaria è sempre stata indicata, nella "consistenza", fra parentesi quadre (es. "cc. [6]")
Nella descrizione del contenuto, infine, sono state ricomprese tutte le note presenti nel testo dell'inventario cartaceo e le singole sottounità all'interno dell'unità archivistica descritta (ad es. piccoli registri entro un fascicolo, più registri rilegati in un unico volume, gruppi di carte all'interno di un singolo registro) sono state rappresentate attraverso l'uso degli elenchi puntati (-).

informazioni sul contesto di produzione
La seguente Nota storica, curata da Maria Grazia Bollini, è tratta dall'inventario analitico della Sezione prenapoleonica dell'Archivio storico comunale di Castel San Pietro Terme, realizzato nel 1999 dalla stessa Maria Grazia Bollini e da Patrizia Tranchina, a conclusione del riordino commissionato alla Cooperativa C.R.E.C.S. di Bologna.

"Con la presente Nota storica si forniranno alcuni dati essenziali sulla storia della Comunità di Castel San Pietro e più in generale del suo territorio, per il periodo che va dal sec. XV fino all'anno 1800. Tale periodo corrisponde infatti agli estremi cronologici complessivi della documentazione conservata, in originale o in copia, nella sezione Archivio prenapoleonico dell'Archivio storico comunale.
Le brevi notizie storiche che seguono, tratte dalla bibliografia di ambito locale, intendono delineare sommariamente il contesto storico ed istituzionale di produzione dei documenti descritti in inventario e fornire un primo orientamento alla consultazione dei medesimi.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla bibliografia indicata nella sezione "Documentazione" di questa scheda; i riferimenti bibliografici presenti nel corso del testo sono stati indicati con il solo nome dell'autore della pubblicazione e il riferimento alla pagina.

Nel 1352 il territorio bolognese fu diviso in sette vicariati, ciascuno dei quali comprendeva un certo numero di comuni. Il vicariato di Castel San Pietro fu posto a capo dei comuni di: Castel S. Polo, Varignana, Ulgiano, Casalecchio Dei Conti, Triforce, Montearmato, Sassuno, Montecalderaro, Frassineto, Liano, Borgonuovo, Medesano, Gaggio, Poggio S. Biagio, Pizzano e Galegata.
Oltre al Vicario, a Castel S. Pietro avevano sede, fino dalla metà del XIII secolo, un Podestà inviato dal Comune di Bologna e il Massaro.
Nel 1371 i comuni dipendenti dal vicariato erano: Liano, Vedriano, Montecalderaro, Frassineto, Galegata, Sassuno, Monterenzio, Pizzano, Montearmato, Zena, Gorgognano, Settefonti, Ozzano, Varignana, Casalecchio dei Conti, Poggio e Borgonuovo (Frati, pp. 76-79).
L'estensione del vicariato fu ristretta tra il 1376 e il 1396 a motivo dell'istituzione dei vicariati di Varignana, Montecalderaro e Liano. Intorno al 1389 i comuni dipendenti da Castel S. Pietro erano tredici, alcuni dei quali di seguito affermarono la propria autonomia: Monterenzio, Sassuno e Galegata nel 1409 ricorsero al Legato Baldassare Cossa chiedendo di far rispettare i loro diritti (Frati, p. 83).
Nel 1416 i Sedici riformatori dello stato di libertà del Comune di Bologna decretarono la reintegrazione del vicariato di Castel S. Pietro con i comuni che erano stati sottratti alla giurisdizione di quest'ultimo, e precisamente Poggio S. Biagio, Sassuno, Monterenzio, Galegata, Frassineta, Casalecchio dei Conti, Vedriano, Liano e Castel S. Polo. Tale decreto, di cui è conservata copia in archivio (si veda la serie "Privilegi e decreti", doc. 01.01 e Frati, p. 83), venne confermato nel 1428 e nel 1450.
Il decreto del 1416 conteneva anche la conferma dei privilegi di esenzione da dazi e gabelle sul mercato già concesse a Castel S. Pietro nel 1411.
Il mercato di Castel S. Pietro si teneva fin dal sec. XIII: nel 1311, in seguito all'abolizione dei mercati della montagna da parte di Bologna, fu risparmiato insieme a quelli di Monteveglio e Castel del Vescovo (Frati, pp. 92-93). Costituì per secoli una delle principali risorse economiche del territorio, sia per i commerci indotti, sia per le rendite che affluivano direttamente alla Comunità attraverso l'appalto del dazio sul mercato, del quale restano testimonianze assai numerose nei "Campioni della Comunità" (per cui si veda la serie relativa). Frequenti furono inoltre i contenziosi nati tra Castel S. Pietro e Bologna motivo dei privilegi, più volte concessi a partire dal 1429 (Frati, p. 93), relativi all'esenzione dei dazi, attestati da documenti presenti nelle serie "Privilegi e decreti" e "Processi".
In particolare è da ricordare la bolla di conferma delle esenzioni concesse da papa Eugenio IV nel 1436, conservata in copia in archivio (si veda la serie "Privilegi e decreti", doc. 01.02 e FRATI, pp. 124-125).
Nel sec. XV Castel S. Pietro fu conteso tra i più famosi capitani di ventura, che reclamavano dal papa le loro paghe: Angelo Dalla Pergola (1421), Luigi dal Verme, Niccolò Piccinino e in primo luogo Braccio Da Montone, che occupò il castello nel 1414, in quanto si riteneva creditore del papa di molte migliaia di scudi. Il pontefice concesse in feudo a Braccio Castel S. Pietro, che in seguito venne recuperato da Bologna con il pagamento di altre somme all'occupante (si veda la trascrizione della concessione in feudo di Castel S. Pietro a Braccio da Montone nel vol. 10.01 della serie "Campioni degli estimi" e Frati, pp. 51-53).
Nuove contese tra il papa e Bologna per il possesso del castello perdurarono fino al 1431, quando si conclusero con il prevalere del pontefice.
All'occupazione da parte di Erasmo Gattamelata nel 1434 seguì un lungo periodo di lotte che ebbe termine solamente nel 1450 con l'avvento del Legato cardinale Bessarione. Questi impose a Romeo Pepoli, Giovanni Fantuzzi ed altri fuoriusciti bolognesi di lasciare Castel S. Pietro, che ritornò così nelle mani dei bolognesi. Tale conclusione fu sancita dai capitoli stipulati tra il cardinale Legato e gli Anziani di Bologna, in base ai quali Castel S. Pietro e Crevalcore venivano riconsegnati a Bologna (1450 e 1452) (Frati, pp. 51-59).
Il cardinale Bessarione nel 1451 concesse agli "Uomini della Università di Castel S. Pietro" la conferma degli statuti che questi si erano dati nel 1437. Tali statuti sono presenti, in inserto, nel decreto di concessione presente in copia nella serie "Privilegi e decreti" (doc. 01.03).
Nel 1501 Cesare Borgia entrò con l'inganno nel castello e lo saccheggiò, venendo poi ad accordi per la restituzione, dietro il pagamento di forti somme.
Il pontefice Giulio II nel 1506 riconquistò Castel S. Pietro, da lui ritenuto "la prima chiave di Bologna". Non erano tuttavia conclusi i frequenti passaggi di milizie, che arrecavano gravi danni al paese. Tra le devastazioni più gravi si ricorda il passaggio dei Lanzichenecchi avvenuto nel 1527, cui seguì una terribile epidemia di peste che uccise 300 persone.
Nel 1529 il Reggimento di Bologna stabilì nuovi capitoli per il governo di Castel S. Pietro. Con tali capitoli venne riformato il Consiglio, composto di 16 membri, tra i quali ogni sei mesi veniva estratto un Massaro.
I capitoli del 1529 furono rinnovati con alcune modificazioni nel 1536, quando Castel S. Pietro tornò ad essere governato da un Podestà (Frati, pp. 83-84).
Il territorio di Castel S. Pietro fu soggetto nel ‘500 a continue scorrerie di banditi, che furono contrastate anche attraverso l'intervento di soldati forestieri.
Nuove epidemie e nuovi passaggi di soldatesche proseguirono nel sec. XVII. È del 1732 la battaglia, presso Castel S. Pietro, tra truppe tedesche e spagnole, nell'ambito della guerra di successione al trono di Spagna.
Fino agli anni '40 del sec. XVIII i passaggi di milizie straniere continuarono a sconvolgere l'economia, già notevolmente impoverita, del paese e delle campagne circostanti.
Nei secc. XVI-XVIII le attività economiche del territorio, pur nelle difficili contingenze ora accennate, furono favorite da particolari privilegi, derivanti, oltre che dalle esenzioni dai dazi, dall'immunità riconosciuta agli artigiani relativamente alla prestazione di oneri e di obbedienze alle Società delle Arti di Bologna. Tali privilegi, concessi e confermati a più riprese da pontefici e magistrature cittadine, furono oggetto di numerose liti intentate dalle Arti bolognesi nei confronti della Comunità di Castel S. Pietro e dei suoi artigiani, in particolare gargiolari e conciatori di pelli. In archivio si conservano numerosi documenti attestanti i privilegi goduti dagli artigiani, in particolare gargiolari e conciatori di pelli. In archivio si conservano numerosi documenti attestanti i privilegi goduti dagli artigiani e gli atti processuali delle cause che ne derivarono (si vedano in particolare le serie "Privilegi e decreti" e "Processi").
Nel 1713 furono stabiliti nuovi capitoli, sostitutivi di quelli del 1529, che fissavano in dodici il numero dei consiglieri. Tra i nomi di questi ultimi veniva estratto il Console, il quale, una volta uscito di carica, assumeva il titolo di Proconsole nel successivo semestre. Vi era inoltre un Collettore incaricato della riscossione delle imposte, che rimaneva in carica per tre anni. Sempre nel 1713 fu riconfermato un decreto del 1686 per l'elezione di un Massarolo con funzione di coadiutore del Massaro (ora chiamato Console), in particolare per l'esecuzione dei sequestri e per la sostituzione dello "Sbirro" in caso di sua assenza (Frati, pp. 83-84, si veda anche l'introduzione alla serie "Campioni della Comunità").
Tali istituzioni furono modificate dai nuovi capitoli del 1773, e rimasero invariate fino all'avvento delle truppe francesi (22 giugno 1796).


In seguito all'approvazione della costituzione della repubblica Cispadana (19 marzo 1797), fu instaurata la suddivisione territoriale in dipartimenti, e - all'interno di questi - in cantoni.
Nel cantone di Castel S. Pietro l'elezione della Municipalità, insediatasi il 2 giugno 1797, avvenne per mezzo dei Decurioni delle parrocchie di Castel S. Pietro, Casalecchio dei Conti, Castel de' Britti, Liano, Poggio e Varignana.
Il 25 luglio 1797 fu deliberata l'unione della repubblica Cispadana con la Cisalpina: a partire da novembre dello stesso anno la regione venne suddivisa in sette dipartimenti, ed i cantoni divennero distretti.
Nel 1799 il distretto di Castel S. Pietro si componeva dei comuni di: Castel S. Pietro con Casalecchio dei Conti, Liano, Monte Calderaro, Ozzano, Poggio, Varignana, Castel de' Britti, Quaderna, Monterenzio, Pizzano, Vignale, S. Maria della Cappella, Vedriano, Sassuno, Frassineto, Cassano, Farneto di Montecerere, Pedriolo con Castel Fiagnano, Toscanella, Dozza, Castel di Poggio con S. Lorenzo e Croara. Il 7 aprile 1799 si insediò la nuova Municipalità distrettuale, composta da un Presidente, da un Commissario e dagli Agenti del circondario. (Frati, pp. 84-85 e la pubblicazione "Castel San Pietro Terme", p. 35, si vedano anche le schede relative ai regg. 04.04 e 04.05 della serie "Campioni delle Congregazioni del Consiglio")
Diversi tumulti della popolazione, già verificatisi nel gennaio del 1798 a causa dei saccheggi compiuti dai francesi, avvennero anche nel corso del 1799, quando l'arrivo delle truppe tedesche e di alcuni insorti determinò l'occupazione del castello da parte di questi, che scacciarono la Guardia Nazionale. Tuttavia la Guardia riuscì a riprendere il controllo, riportando la calma nel paese (Frati, pp. 69-70).
Dalle testimonianze conservate risulta che durante tali avvenimenti, che ebbero il loro culmine nel mese di giugno, l'archivio comunale ebbe a subire gravi danni (si veda in questa scheda il campo "Ambiti e contenuto"). Dal mese di settembre del 1799 si conservano i verbali delle adunanze della Deputazione Provvisoria Amministrativa di Castel S. Pietro, insediatasi in seguito alla capitolazione alle truppe imperiali.
In novembre alla Deputazione subentrò il ricostituito Consiglio comunitativo nominato con proclama della Reggenza Provvisoria di Bologna. L'ultimo verbale del Consiglio reca la data del 9 marzo 1800. (si veda la scheda relativa al reg. 04.06 della serie "Campioni delle Congregazioni del Consiglio").
Il 29 giugno le truppe francesi ed i loro sostenitori francofili tornarono a Castel S. Pietro. Nell'autunno ricomparvero bande di insorgenti e truppe tedesche. Queste ultime, dopo aver abbattuto l'albero della libertà, il 10 dicembre abbandonarono il paese.
L'albero della libertà venne innalzato nuovamente nel gennaio 1801 dai castellani, ormai sicuri della permanenza dei francesi (Bortolotti, p. 16, che trae le notizie dall'opera storica manoscritta di Ercole Cavazza "Raccolto di memorie istoriche di Castel S. Pietro").

storia archivistica
La redazione dell'Inventario analitico della Sezione prenapoleonica è stata curata nel 1999 da Maria Grazia Bollini e da Patrizia Tranchina, alla conclusione del riordino affidato alla Cooperativa C.R.E.C.S.
Come indicato dalle curatrici, venne realizzato sulla base dell'inventario sommario redatto da Agostino Attanasio e Liboria Salamone nel 1981.
La nota storica contenuta nell'inventario del 1999, le parti introduttive generali e le descrizioni del contenuto delle singole serie sono state curate da Maria Grazia Bollini. La schedatura delle unità archivistiche afferenti alle serie "Corrispondenza" e "Libri della massaria" è stata curata da Patrizia Tranchina, mentre tutte le altre da Maria Grazia Bollini.
La presente revisione dell'inventario è stata effettuata da Nicola Pezzi per conto di Archimemo.
La cesura storica e istituzionale verificata nel periodo che vide succedersi il passaggio dagli ordinamenti di antico regime a quelli repubblicani, il governo instaurato dalle truppe austriache ed il ritorno dei francesi corrisponde approssimativamente al termine finale identificato per la sezione "Archivio prenapoleonico" nell'inventario 1981, comprendente anche l'"Archivio moderno" fino al 1899. La suddivisione tra "Archivio prenapoleonico" e "Archivio moderno e storico" è stata conservata anche se gli estremi cronologici non possono essere rigidamente fissati poichè in alcuni documenti (soprattutto registri) sforano da un periodo all'altro.

L'archivio subì probabilmente notevoli danni tra il 1798 ed il 1799 a causa dei tumulti avvenuti in quel periodo, caratterizzato da continui mutamenti istituzionali, dalla presenza sul territorio delle truppe francesi, di quelle austriache e delle bande di "insorgenti". Di tali avvenimenti restano alcuni indizi in una minuta lettera, forse del 1799, inviata da Castel S. Pietro alla Deputazione Comunitativa di Dozza, che riportiamo parzialmente in quanto di particolare interesse. Vi si legge infatti che "nelle passate calamitose circostanze dello spoglio dato a questo nostro castello, furono mancati diversi libri, e recapiti da questo nostro comunale archivio, e siccome è noto che né giorni stessi in cui fu saccheggiato il medesimo Castello, vari individui di Dozza con tre carri ripresero tutto il loro archivio, che da questa passata Municipalità era stato qui tradotto, e lo collocarono nella Comune delle S.L.L., perciò accludiamo la nota de' recapiti più importanti che nel medesimo nostro archivio sono mancanti [...]". All'indicazione della "nota" segue la richiesta volta a ottenere la restituzione dei documenti eventualmente reperiti nell'archivio di Dozza. Purtroppo la "nota" è mancante, e pertanto non è possibile verificare l'effettiva rilevanza dei documenti scomparsi, né sono state individuate risposte della Deputazione di Dozza all'interno delle lettere ricevute giunte fino a noi nella serie "Corrispondenza".
Conferme relative ai danni subiti in tale periodo dall'archivio sono fornite da alcuni verbali di adunanze della Deputazione Provvisoria Amministrativa di Castel S. Pietro, datati dal 9 settembre al 16 novembre 1799 (vedi serie "Campioni delle Congregazioni del Consiglio", reg. 04.06, cc. 2, 5-6, 15-18). Dalla lettura del verbale del 14 settembre 1799 risulta che "quasi tutto" l'"Archivio comunale" fu dato alle fiamme "ne' giorni 28 e 29 dello scorso giugno [1799], all'occasione che dagl'insorgenti si diede il sacco a questo castello" (reg. 04.06, cc. 5v - 6r), mentre nel verbale del 9 settembre si legge che "libri e recapiti appartenenti alla cessata Municipalità furono abbruciati nel giorno primo luglio" (reg. 04.06, c. 2v; nel medesimo verbale si legge che la "capitolazione e cessione di questo paese [...] alle truppe imperiali" avvenne il giorno 2 giugno 1799).
Altrove si attese che "l'archivio moderno di questa Comunità trovasi sprovvisto dei documenti necessari, ed atti del cessato governo repubblicano [...]" (reg. 04.06, c. 18r, 16 novembre 1799). Può essere che in realtà le perdite più gravi si siano verificate per quanto riguarda gli atti del "governo repubblicano", tuttavia è probabile, viste le estese lacune della documentazione giunta fino a noi, che anche il resto dell'archivio abbia subito in quell'occasione notevoli danni.
Intorno al primo decennio del sec. XIX fu probabilmente effettuato un parziale riordino della corrispondenza che, già conservata in filze, venne suddivisa in fascicoli annuali. Sulle camicie dei fascicoli, ricavate da modulistica a stampa del 1813 e da fogli di un questionario databile entro i primi due decenni del sec. XIX, l'indicazione dell'anno è tracciata da un'unica mano, con la caratteristica grafia che si riscontra anche negli indici cronologici inseriti all'interno dei volumi della serie "Diversorum" e di altre.
In seguito alla circolazione prefettizia n. 10606 del 16 maggio 1933, che stabiliva il deposito dell'inventario degli atti d'archivio comunali presso il locale Archivio di Stato, nel 1934 fu redatto da Alfonso Baccheroni l'inventario dell'archivio comunale, a partire dalla documentazione antica e fino al 1930. Per quanto riguarda l'archivio comunale nel suo complesso, non si operò un vero riordinamento del materiale, ma si eseguì solamente un elenco della documentazione nello stato in cui si trovava, come previsto dal modulo di compilazione richiesto. L'inventario del Baccheroni è conservato nella serie "Carteggio amministrativo", "Cat. 1 Amministrazione, cl. 2 Archivio", Pos. 3 "Protocollo, spedizione, archivio". Tale elenco fu redatto con un criterio per così dire "per materia", in cui le singole unità e le serie archivistiche non sono sempre ben identificabili. Pertanto risulta difficile tentare confronti con la documentazione oggi conservata, allo scopo di verificare eventuali dispersioni di materiali. Dai riscontri effettuati pare tuttavia che le principali tipologie di documentazione ivi indicate si siano sostanzialmente conservate integre nonostante i danni dell'archivio comunale durante l'ultima guerra mondiale, in particolare per i danni subiti nel periodo bellico. Inoltre, sulla base dell'inventario del Baccheroni, risulta sicuramente non più presente in archivio un volume di "manifesti" dal 1570 al 1764.

unità di descrizione collegate
Tra i fondi conservati presso l'Archivio di Stato di Bologna relativi al territorio di Castel S. Pietro nei secc. XV-XVIII si ricordano: "Vicariato di Castel S. Pietro" (1376-1797); "Vicariato di Varignana" (1377-1709); "Vicariato di Lignano" (1388-1555); "Vicariato di Frassineto" (1417-1560).
Conventi e monasteri: "S. Francesco", minori osservanti (1522-1809); "S. Bartolomeo", agostiniani (1532-1796).

bibliografia
AA.VV., Castel San Pietro Terme, Comune di Castel S. Pietro Terme, 1988.

Tra gli interventi effettuati sul fondo in epoca storica si deve certamente annoverare l'opera svolta dal notaio Ercole Ottavio Valerio Cavazza (1735-1813), segretario della Comunità - con brevi interruzioni - per circa trenta anni (1762-1791 e 1796-1797). A partire dal 1764 e fino agli anni ‘70 del sec. XVIII il Cavazza, su mandato della Comunità ma indubbiamente mosso anche da un personale interesse di tipo culturale verso gli antichi documenti e la storia di Castel S. Pietro, si occupò di fare restaurare registri ormai laceri, di riunire in volumi singoli atti che probabilmente già a quel tempo si trovavano nell'archivio sparsi e allo stato frammentario, di trascrivere quelli ormai quasi del tutto illeggibili o ritenuti di particolare importanza, ed infine di recuperare presso archivi e persone diverse altri atti riguardanti la Comunità, allo scopo di trascriverli conferendo loro valore di autenticità con l'apposizione della propria sottoscrizione notarile. Tale attività è attestata dai proemi di mano dello stesso Cavazza posti ad introduzione dei volumi così costituiti, nei quali l'interesse amministrativo del Segretario si intreccia con quello storico-antiquario, nonché dalle numerose annotazioni presenti sui pezzi e dalla caratteristica grafia con la quale sono tracciati i titoli apposti sulle copertine dei registri o sulle camicie di atti singoli (vedi in particolare le introduzioni alla serie "Campioni delle Congregazioni del Consiglio", Diversorum", "Campioni degli estimi").
Della particolare attenzione riservata dal Cavazza ai documenti d'archivio e alla storiografia di ambito bolognese rimangono alcune significative testimonianze manoscritte, costituite da sunti di opere storiche e da compilazioni diverse, in primo luogo dal "Raccolto di memorie istoriche di Castel S. Pietro", manoscritto in sei volumi risalente agli anni 1798-1800, tuttora inedito, conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna (ms. 4304, si veda la citazione dell'opera presente in Frati, pp. 149-155, che fornisce il sommario parziale, tuttavia non indicando la sede di conservazione dei volumi; vedi anche Bortolotti, pp. 8-16, con le numerose notizie tratte dalla storia del Cavazza e, a p. 31, una sintetica biografia del personaggio). Tale opera, offerta dall'autore "ai suoi concittadini" e nata dall'"amore alla patria", è relativa agli anni dal 1198 al 1800; fornisce una quantità veramente notevole di notizie storiche tratte "dagli antichi annali, dalle storie di tutti quei scrittori e da quei codici che ho potuto avere dalla gentilezza di cordiali cittadini", nonché derivanti dalla consultazione di molti archivi, tutti dettagliatamente elencati. A taluni "archivisti", colpevoli di avere avversato le sue ricerche, è attribuita dal Cavazza la responsabilità di aver reso in alcuni passi "il racconto arido, e sterile" (vedi l'introduzione "L'autore ai suoi concittadini" alla c. 2). I volumi comprendono, in trascrizione nel testo o inseriti in copia (spesso autenticata), un'abbondante raccolta di documenti delle diverse epoche e, in particolare nel quarto e nel quinto, incisioni, bandi, notificazioni, e opuscoli a stampa; in allegato al primo volume, inoltre, è conservata una raccolta di carte personali del Cavazza o appartenenti alla famiglia (fino al 1824), tra le quali cinque documenti pergamenacei: uno di questi è l'atto con il quale il Collegio dei Notai di Bologna attribuisce ad Ercole Cavazza la qualifica di pubblico notaio (24 marzo 1757).
Presso la Biblioteca Universitaria sono presenti anche altri due manoscritti del Cavazza: una "Dessignatio provinciarum, urbium, terrarum, castrorum [...], transumptum mei Herculis Cavatia ex authentico penes egregium comitem Balthdassarem Carrati boniniensem [...]" (ms. 4305) e una "Memoria suppletiva alla Storia di Bologna scritta dal P.M. Cherubino Ghirardaccio agostiniano, fatica e raccolta di me Ercole Ottavio Valerio Cavazza di Castel S. Pietro dalle cronache Pasi Bianchetta, ed altri precedenti. Anni di Cristo 1500-1600" (ms. 4306).
Del Cavazza si conserva presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna l'opera a stampa "Elogi alle vite di alcuni uomini, e donne illustri per religione e santità di costumi di Castel S. Pietro (Imola, Gio. Dal Monte), come pure un "Breve compendio degli uomini illustrissimi di Bologna, da Gio. Giacomo Brocchi bolognese, dalle Storie di Bologna [...]" (ms. sez. B. 1339).
Tra i manoscritti della sezione B è inoltre presente un volume di "Notizie estratte e transuntate", pare da ignoto, da documenti conservati "nel proprio archivio del signore Ercole Cavazza di Castel S. Pietro", ulteriore conferma dell'interesse di quest'ultimo per la raccolta di testimonianze documentarie.
Indizi relativi ad altre raccolte o elenchi settecenteschi di fonti documentarie riguardanti Castel S. Pietro sono forniti da un elenco di atti conservati "in diversi luoghi, ma tutti nel Archivio di Bologna", redatto dallo "speciale" Traiano Scafilioni, Decano della Comunità, e trascritto da Benedetto Figna (vedi "Privilegi e decreti", doc. 01.16), nonché in un volume di "Documenti relativi alla storia di Castel S. Pietro raccolti da Gianmaria Fabri", manoscritto e a stampa, conservato presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna (B. 3340), che contiene in particolare notificazioni e comparse in cause riguardanti esenzioni di dazi pretese della Comunità di Castel S. Pietro.

bibliografia
Archivi storici in Emilia-Romagna. Guida generale degli archivi storici comunali, a cura di Giuseppe Rabotti, Bologna, Analisi, 1991

Ricognizione e inventario parziale dell'Archivio storico del Comune di Castel S. Pietro Terme, 1898-1954, a cura di Paola Mita, Bologna, 1996

Luigi BortolottiAppunti storici di Castel S. Pietro Emilia e dintorni, Bologna, Scuola Tipografica Salesiana, 1937

Luigi FratiStoria documentata di Castel S. Pietro dell'Emilia, Bologna, Zanichelli, 1904
Agostino Attanasio, Liboria SalamoneInventario dell'Archivio storico del Comune di Castel S. Pietro Terme, Bologna, 1981
Dattiloscritto


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